Paolo Graziosi nelle sue ricerche tra il 1961-1968 mise in luce sei inumati: una sepoltura con due defunti (Romito 1-2) nel deposito del riparo (1963), due sepolture singole (Romito 3 e 4) all’interno della grotta (1964), un'altra sepoltura doppia (Romito 5-6) anch'essa nel riparo (1965).
Tra i risultati più importanti delle nuove ricerche (dall’anno 2000 ad oggi) figura la scoperta di tre nuove inumazioni singole. Sono Romito 7, Romito 8 e Romito 9.
Gli scheletri degli individui da Romito 1 a Romito 8, tutti in buono stato di conservazione, sono relativi a individui adulti o subadulti, sia femmine (Romito 1, 4 e 5), sia maschi (Romito 3, 6, 7, 8). Romito 2 è probabilmente un maschio. Tutte queste inumazioni risalgono all’Epigravettiano finale, tra 10.800 e 12.200 anni orsono. Romito 9 è più antico e risale a circa 14.000 anni fa.
Pianta di Grotta del Romito e del riparo. Sono indicate le aree di scavo, i due massi incisi e le sepolture
Le inumazioni del Romito si possono suddividere in due gruppi sulla base della collocazione nella grotta e nel riparo, delle modalità di deposizione e anche per le caratteristiche anatomiche.
Il primo gruppo, più antico, comprende individui di costituzione robusta, deposti nelle fosse funerarie con la testa a sud. Sono le quattro sepolture singole rinvenute all’interno della grotta, collocate una accanto all’altra e bene allineate
Il secondo gruppo, di poco più recente, ha individui di costituzione più gracile ed è costituito dalle due sepolture bisome del riparo.
Le sepolture da Romito 1-2 a Romito 8 rientrano nel modello sobrio di conservazione dei cadaveri in fossa, che caratterizza la fine del Paleolitico e che sarà tramandato anche nel Mesolitico.
Romito 9, la più antica, si collega ancora alla ricca tradizione funeraria del Paleolitico superiore medio (Gravettiano) che prevede un ricco corredo funerario.
Tra gli inumati sono presenti, non solo giovani individui forti e sani, nel pieno del loro vigore fisico, ma anche persone con una grave malformazione congenita (Romito 2, affetto da nanismo) o sopravvissute a pesanti traumi fisici (Romito 8). La cura da parte del gruppo, quindi, rivolta a persone con handicap fisici diviene un carattere sociale che la documentazione archeologica può mettere in evidenza.
Resti di uro (Bos primigenius) sono associati, secondo i dati di Graziosi, agli inumati Romito 1-2 (corno) e 3 (due punte di zagaglia decorate). Ciò potrebbe indicare una valenza totemica di questo grande mammifero la cui immagine campeggia nell’incisione sul grande masso all’ingresso della grotta, assumendo un significato simbolico nel quale tutta la comunità del Romito si è riconosciuta per molti secoli.